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Umberto Buscioni quel che resta è la pittura

Umberto Buscioni  quel che resta è la pittura                                                              dal 13 dicembre 2008 al 14 febbraio 2009

a cura di Maurizio Calvesi

 

Frittelli arte contemporanea dedica il secondo appuntamento della stagione espositiva a Umberto Buscioni, protagonista di un eccezionale percorso nella pittura figurativa del secondo Novecento e oggi al centro di una rinnovata attenzione critica e di pubblico.
Per questa occasione Maurizio Calvesi ha curato una mostra antologica e un esaustivo catalogo dal titolo Quel che resta è la pittura, in cui è ripercorsa la ricerca artistica di Buscioni dagli esordi, agli inizi degli anni ‘60, fino ai nostri giorni.

Aldilà di classificazioni, categorie e correnti quel che resta è la pittura, una pittura condotta con mestiere, dove la superficie del quadro è protagonista e in cui ogni rimando metaforico è secondario, poiché quello che veramente muove l'artista è l'analisi del mezzo pittorico.
Nel corpo stesso della pittura l'artista trova i mezzi narrativi per raccontarci le storie della nostra vita. In questo viaggio dal lontano 1959 passiamo dal senso di attesa e fiducia che emerge nei dipinti dai colori pastello degli anni Sessanta, all'algido equilibrio raccontato dal candore dei marmi o delle dinamiche bandiere nei quadri degli anni Settanta, per giungere negli anni Ottanta al tema del viaggio alla ricerca della propria interiorità, quando i cromatismi degli angeli caduti si accendono e divengono quasi elettrici, raccontandoci il cortocircuito tra spiritualità e postmoderno.  Nella pittura del decennio seguente il colore si fa scuro, scendono le ombre notturne e le figure si scompongono in giochi di tende e sipari finché, nelle opere più recenti, l'artista torna a sorprenderci con dipinti ancora inediti, caratterizzati da un rosa acceso che fa da sfondo alle storie mitiche dell'Età dell'Oro.

In mostra possiamo rileggere tutte le fasi attraverso le quali il lavoro di Buscioni è passato: dal superamento dell'informale, ormai sentito come un vuoto esercizio accademico, all'avvicinamento alla realtà attraverso quello che Crispolti definisce un Animismo viscerale, passando a Possibilità di Relazione in cui egli torna definitivamente al reale attraverso un progressivo recupero degli oggetti che conducono l'artista ad un segno pittorico sempre più netto, fino ad arrivare alla fase Pop in cui Buscioni raggiunge un linguaggio più maturo, in coincidenza con quella che Cesare Vivaldi definì la Scuola di Pistoia formata da Barni, Buscioni, Ruffi e Natalini.

Siamo negli anni Sessanta, quando motociclette, camicie, cravatte, aquiloni, bandiere diventano per Buscioni le parole con cui costruire un personale linguaggio. Egli sottopone questi oggetti ad una scomposizione per poterli poi, con totale libertà e audacia, ricomporli sulla tela. Emerge così con ancor maggior evidenza che l'interesse vero dell'artista è tutto da ricercarsi nelle linee, nelle forme e nei colori che si vanno disponendo sulla superficie del quadro. Buscioni persegue una personalissima indagine sui codici della pittura, come elaborazione sia di temi ricavati per sintesi dalle icone delle sue bandiere e cravatte e altre stoffe decorate, sia di citazioni dal repertorio iconografico della tradizione pittorica ormai integrata nel proprio vocabolario. È così che vediamo apparire negli anni Settanta i marmi, gli Evangelisti, gli Angeli caduti, ma anche predelle e lunette.

La fedeltà e la coerenza che caratterizza tutto il suo percorso artistico si ravvisa anche nei quadri più recenti dove ancora una volta emergono l'amore e la fiducia profonda che Umberto Buscioni nutre per la pittura. Le tele più recenti esposte negli spazi della galleria Frittelli testimoniano l'evoluzione del percorso artistico di Buscioni, segnato dal fondamentale incontro con la Pop art degli anni Sessanta e oggi ancora aperto a nuove sperimentazioni. Nella piena maturità espressiva l'artista crea opere avvolte da un'atmosfera sospesa, nelle quali persone e oggetti sono colti nella loro quotidianità, privati di pesantezza fisica e cromatica. Trasparenti e leggeri, questi figuranti sognati sono spinti da un vento misterioso che tutto fa muovere e la cui origine rimane enigmatica.

Pittore da sempre e per sempre, l'autore frequenta il Rinascimento e il Manierismo consapevole delle proprie radici culturali, rielaborando la tradizione artistica secondo una propria singolare concezione figurativa aderente al presente. La mostra si presenta così come una occasione unica per scoprire l'avventura figurativa di un artista vitale e operoso, capace di trasfigurare il mistero delle cose quotidiane in apparizioni di  stupefatta poesia.

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